Lo scalpo


Lo scalpo era un cimelio di cattivo gusto, inventato da francesi e inglesi per dare un premio per ogni indiano ucciso, poi adottato dalla resistenza indiana.

Il cinema western classico ci ha tramandato le idee degli indiani in cerca di scalpo, e lo scalpo come l’unica ragione di vita di un guerriero, che ne collezionava a prescindere se fossero di uomo, donna o bambino, per il puro gusto di farlo. La realtà storica era, tuttavia, ben diversa.

Innanzitutto, è vero che c’era chi collezionava scalpi umani a prescindere che fossero di uomo, donna o bambino; ma non erano i nativi. Soldati e civili statunitensi e messicani, infatti, in certi periodi più in certi periodi meno, venivano pagati per ogni “scalpo indiano” che consegnavano alle autorità. L’usanza era nata dapprima sulla Costa Est, fin  dai tempi della dominazione inglese e dei primi scontri con le popolazioni aborigene. 

Esiste un proclama emanato a Boston il 3 novembre 1755 contro le tribù dei Penobscot: per ogni scalpo di individuo indiano maschile sopra i dodici anni venivano pagate quaranta sterline del tempo, per ogni scalpo di donna o bambino sotto i dodici anni, venti sterline.

Del 1864 fu invece la strage di Sand Creek (Colorado), in cui la barbarie bianca raggiunse l’apice dell’aberrazione: i soldati guidati dal colonnelloJohn Chivington attaccarono un accampamento dove erano stanziati i Cheyenne di Moke-tav-a-to (Black Kettle, Pentola Nera) e gli Arapaho del Sud di Nawat (Left Hand, Mano Sinistra), entrambi capi favorevoli alla pace con i bianchi, massacrando per lo più donne e bambini (molti uomini erano fuori per la caccia al bisonte). Chivington urlò prima dell’attacco “Fate lo scalpo a tutti”. Quando il colonnello ordinò la carica, sulla tenda di Moke-tav-a-to sventolava una bandiera americana, che il capo aveva precedentemente issato appunto in segno di pace. Dopo la mattanza i soldati andarono esibendo con orgoglio oltre agli scalpi anche i feti di donne incinte e organi genitali femminili; i bambini vennero usati per il tiro al bersaglio. Dopo questa infame azione militare Chivington dichiarò: “Sono completamente soddisfatto: uccidere questi ribelli rossi è l’unico modo per avere pace e tranquillità”.

Non è che gli indiani non prendessero gli scalpi, ma questa pratica per loro non era un fine, come per i bianchi, che lo facevano per avidità. 

Venivano infatti “scalpati” solo i guerrieri avversari che si erano battuti con onore, dignità e coraggio. Lo scalpo veniva preso, portato all’accampamento, e qui nel corso di una cerimonia veniva tributato al guerriero caduto l’onore che meritava. 

La cerimonia si concludeva con la liberazione rituale dell’anima dell’ucciso affinché potesse compiere il viaggio che l’avrebbe riunita al Grande Spirito, se essa fosse stata degna. In questa maniera anche l’uccisore era “liberato” da influssi negativi.

Dunque i nativi non prendevano lo scalpo ai nemici vili, anzi, per loro l’offesa maggiore era invece non essere scalpati dopo esser stati uccisi in battaglia.