LA CONQUISTA DEL WEST E L’EPOPEA DEI PIONIERI


La colonizzazione dei territori americani a ovest degli Allegheny, sottratti alla caccia delle tribù pellerossa, tra il XVIII e il XIX secolo.

L’espansione a ovest da parte di coloni europei iniziò nel 1763 quasi casualmente, quando al termine della guerra dei Sette anni la Francia cedette alla Gran Bretagna il Canada e il nordovest, conservando il controllo delle isole di Saint-Pierre, Miquelon, Guadalupa e Martinica. Dopo la guerra di indipendenza americana, il Louisiana Purchase (acquisto della Louisiana, 1803) praticamente raddoppiò il territorio statunitense, un fatto la cui portata venne inizialmente sottovalutato in quanto lo scopo  dell’acquisto era stato quello di ottenere uno sbocco al mare attraverso il fiume Mississippi.
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Gli Stati Uniti ampliarono i propri territori in misura molto maggiore rispetto a qualsiasi altra nazione. Le lotte e le altre vicissitudini legate a questo processo hanno quindi assunto un valore epico-emotivo molto forte. Stimolata, oltre che dalla fame di terra e di opportunità degli immigrati provenienti dai paesi più poveri dell’Europa, anche dal diffondersi della teoria del Manifest Destiny (destino manifesto), che incoraggiava gli Stati Uniti a estendere la loro influenza e la loro civiltà all’intero continente americano, la conquista del West ebbe vari stadi e diverse frontiere: la Connecticut Valley, la valle dell’Ohio e le estensioni erbose del Kentucky, le Montagne rocciose e, oltre il Missouri e il deserto americano, verso l’Oregon e le miniere californiane. Con la significativa eccezione dei mormoni, l’emigrazione verso ovest avvenne non per comunità, ma per individui o gruppi familiari, a iniziare dai primi frontiersmen, cacciatori e commercianti che segnarono le prime piste.

I colonizzatori del West non appartenevano in genere ai ceti estremi, ma a una sorta di classe media che anche ideologicamente plasmò la società dei territori di frontiera, stimolando la pratica democratica e l’atteggiamento pragmatico, pronto ad affrontare i problemi al loro porsi e ad accettare il continuo cambiamento tipico della frontiera, che stimolava lo spirito d’avventura, l’inventiva e l’iniziativa individuale.  In quello stesso contesto si formarono le basi del pensiero politico americano, soprattutto la fede nel federalismo, che lasciava ampia autonomia ai singoli stati. Anche l’orgoglio per i risultati raggiunti autonomamente dal paese si radica nella sicurezza di sé tipica degli uomini del West. Analogamente, il Louisiana Purchase, con le possibilità di espansione e popolamento che aprì, oltre a dare agli Stati Uniti la possibilità di avere una presenza significativa in campo internazionale, è stato considerato da alcuni storici alla base di un atteggiamento politico che darebbe la priorità al benessere della popolazione agevolando il credito ed evitando tassazioni troppo gravose.

Inoltre la varietà stessa delle persone e dei motivi che spinsero la conquista sarebbe alla base di un atteggiamento conciliativo e disponibile al dialogo che avrebbe favorito in ultima analisi l’unità nazionale. A tutto ciò contribuì sicuramente la caratteristica peculiare del West americano che, diversamente da altre aree di frontiera quali l’Africa, le steppe russe o le lande australiane, offriva risorse più immediatamente accessibili, grazie anche a generose concessioni di terre e politiche governative favorevoli agli insediamenti, richiedendo al contempo processi di adattamento molto meno laboriosi.

RISORSE APPARENTEMENTE ILLIMITATE.

Mentre i pionieri consideravano il West da un punto di vista eminentemente pratico, le stesse caratteristiche di territorio praticamente illimitato in mano a un’unica nazione, ricco di risorse di ogni genere, terre fertili, foreste, minerali, clima propizio e grandi fiumi navigabili, ne fecero quasi un luogo favoloso, ove nulla era precluso a chi avesse avuto forza e volontà sufficienti.

La conquista del West procedette dunque a ondate che spostarono la frontiera sempre più a ovest, dando così modo alle regioni di precedente colonizzazione di affinare i costumi e instaurare via via modelli di società più progrediti. Sin dagli anni immediatamente successivi alla rivoluzione gli Stati Uniti espressero una legislazione sull’ovest, che fu poi applicata all’intera nazione: un ordinamento del 1785 regolò la vendita delle terre, un altro del 1787 vi stabilì forme di autorità costituita e definì l’impegno pubblico ad appoggiare la formazione di scuole e altri centri per l’educazione; il Pre-emption Act del 1841 difese i diritti dei frontiersmen a detenere i terreni, e nel 1862 lo Homestead Act giunse quasi a coronare il sogno di ogni famiglia di possedere un pezzo di terra.

Allo stesso modo, la crescita del West favorì l’emergere di personalità politiche da tali regioni. All’epoca della guerra civile americana la maggioranza della classe dirigente era di origine western. Tuttavia proprio le grandi risorse del West, percepite come infinite, ne favorirono lo sfruttamento indiscriminato e talvolta la distruzione: lo sterminio della fauna selvatica, dai castori ai bisonti, e la distruzione delle foreste avvennero sia per profitto che per liberare le terre coltivabili. Le Grandi pianure, che componevano circa un quarto dell’intero territorio nazionale, furono quasi distrutte nel giro di una generazione dal cattivo uso che della terra venne fatto da aspiranti agricoltori, inesperti, truffati dagli speculatori terrieri.

E soprattutto l’espansione a ovest portò all’annientamento delle popolazioni native sterminate da guerre ed epidemie, private di ogni diritto, poste in riserve ove persero tradizioni e identità culturale. La democrazia americana e il carattere nazionale, le cui radici sono da molti storici fatti risalire alla colonizzazione del West, erano beneficio esclusivo dell’uomo bianco, che considerava il possesso e lo sfruttamento del territorio un suo diritto naturale e con altrettanta naturalezza eliminava gli ostacoli, materiali o umani, che avrebbero potuto impedirne l’esercizio.

L.Cremoni