Il vero sprito del country lifestyle


Ho iniziato ad avvicinarmi al mondo dell’equitazione più di 6 anni fa, per puro caso. Una mia amica mi chiese se volessi assistere a una sua lezione di monta inglese, e più per volontà di mia madre che mia, feci anch’io un giretto a cavallo tenuto alla lunghina. Iniziai a frequentare regolarmente le lezioni, ma devo dire che non fu immediatamente che mi appassionai a questo mondo fatto di ben altro che semplici giri al trotto in un recinto.

Frequentai quel maneggio per due estati (d’inverno sospesi le lezioni), ma finì lì. Non rividi più nemmeno l’ombra di un cavallo per 5 anni, 5 anni in cui ho maturato una coscienza che mi ha fatto andare al di là delle apparenze.

Ho così deciso di iniziare a capire teoricamente, se non potevo farlo con la pratica, cosa significhi avere a che fare con i cavalli, cosa sia l’equitazione, il rapporto tra un essere umano e un equino, quali sacrifici e doveri comporti tutto questo. E ho trovato le mie risposte nella monta americana.

Sono giunta alla conclusione che non è possibile concepire un essere vivente come uno sport qualsiasi, che dietro a un’ora al maneggio c’è ben più di una tagliata trasversale o di un cambio di galoppo. Ho fatto miei tutti quegli ideali che sigillano nel country lifestyle il rapporto mistico che si instaura tra essere umano, cavallo e natura, immancabile elemento caratteristico della tradizione western. Sono andata a fondo nello studio delle origini della figura del cowboy, non limitandomi al fantomatico stereotipo celebrato dall’epopea del cinema western o ai luoghi comuni che vedono in un semplice mandriano un pistolero impazzito o un ubriacone, comprendendo così la ferrea etica che egli stesso si impone in un lavoro, o meglio in uno stile di vita, che la esige.

Ho deciso, quindi, di riavvicinarmi fisicamente e realmente ai cavalli sapendo di avere una certa coscienza, una più matura consapevolezza, che mi portasse a vivere quella che nel frattempo è diventata una passione in modo più profondo.

Ho iniziato con delle passeggiate in campagna, e questo sugellò in modo definitivo il mio cambiamento di prospettiva: ricordo che, ai tempi del maneggio e della monta inglese, mi rifiutavo di uscire in passeggiata, avendo non  tanto paura, quanto vedendola come una cosa insensata. Oggi, invece, ho fatto di essa, del rapporto con l’ambiente e del vivere nella natura il mio obiettivo, non limitandomi a quella prospettiva (che purtroppo ancora oggi molti cavalieri hanno, anche e soprattutto quelli di alti livelli) che vede nel cavallo solo una macchina da gara, estraniandolo così dal suo ambiente naturale, ma trovando in lui un essere senziente e cosciente che è capace di darti una dose di amore incondizionato che non è possibile trovare nemmeno nella più pura forma d’amore del genere umano.

Da poco ho ricominciato a prendere lezioni di monta americana regolarmente, decisione dettata non dal bisogno di riempire il tempo libero, ma per imparare a gestire un cavallo in vista di esperienze future in passeggiata e trekking. Tuttavia, non mi piace e non mi rassegno ancora all’idea di dover frequentare un maneggio per un’ora alla settimana, come se andassi lì per salire, fare un giro su una giostra e poi scendere. Mi piacerebbe poter instaurare un legame con il cavallo, viverlo, ma non ho idea di come si faccia quando non hai un cavallo tuo, con il quale condividere tempo ed esperienze.

L’unica cosa che mi è ancora permessa fare è sperare nel futuro, nella possibilità di riuscire a costruire un percorso, anche se ho sempre più la coscienza che “volat inreparabile tempus” e che rimandare gli eventi non significhi altro che farteli sfuggire tra le dita.

Country Roads…