Alla scoperta delle GHOST TOWNS


Le Ghost Town sono ancora oggi, negli Stati Uniti, uno dei principali (se non proprio IL principale) punto di riferimento per chi vuole rivivere l’epopea del West.

Con il loro “fascino”, le ghost town sono meta di tantissimi turisti e, soprattutto, dei “ghost town’s hunters” ossia dei “cercatori” di città fantasma. Questi piccoli villaggi, in mezzo al deserto o in montagna, sono ciò che resta delle mitiche città di Frontiera. I motivi che li portano a diventare “ghost” sono sostanzialmente due:

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1 – L’esaurimento delle miniere nei pressi del villaggio. Spesso accadeva che qualche voce circa filoni d’oro, d’argento, ecc. si spargesse ed ecco che nascevano villaggi a ridosso di queste miniere per poterle sfruttare. Quando le miniere si esaurivano, le cittadine venivano abbandonate. Ne è un esempio (anche se non proprio azzeccatissimo) Tombstone: all’inizio del 1900 le miniere d’argento si allagarono e la popolazione si ridusse di molto.
Queste ghost town appartengono al “sottogruppo” Mine Town.

2 – Il mancato arrivo della ferrovia. Anche questo era un “fenomeno” molto comune. Quando si decideva di costruire una linea ferroviaria e si era stabilito il tracciato, ecco che venivano costruiti villaggi proprio lungo l’eventuale percorso. E se per cause naturali (canyon, avvallamenti) o economiche la ferrovia non avesse seguito il percorso preannunciato? Ecco che i villaggi, sorti in fretta e furia, venivano abbandonati altrettanto velocemente.

Boom Town
Ci sono poi le ghost town delle corse all’oro. Denominati “boom town” questi piccolissimi villaggi (sorti soprattutto in California nel 1848 e in Alaska nel 1897, durante le principali gold rush americane, ma anche in Colorado e in Montana) erano perlopiù costituiti da tende che fungevano da saloon, emporio, chiesa, ecc. Alla fine della corsa all’oro, poi, venivano puntualmente abbandonate.

Le Boom Town sono davvero uno degli elementi più affascinanti della Frontiera. Non quanto per come sono o come nascono, ma per cosa diventano.
Sorgevano spesso in una sola notte, organizzate dai primi cercatori d’oro che avevano raggiunto la zona e scoperto un apparentemente ricco giacimento d’oro e che avevano bisogno di un tetto sotto cui dormire e di whisky con il quale scaldarsi durante la notte. Così in fretta e furia venivano tirate su decine e decine di tende, che fungevano da saloon, da chiesa, da emporio, da barbiere, da ufficio scambi, da ufficio postale, da armaiolo… Se poi il villaggio costruito con così poco dava l’impressione di poter resistere qualche mese, allora si provvedeva a costruire rozze baracche di legno. E quasi sempre i soli ad occupare questi edifici erano i saloon che, come sappiamo, nel West avevano priorità persino sulle chiese.
Ma l’oro non sempre era l’unico motivo per cui questi miseri segni di urbanizzazione nascevano: la ferrovia era un altro elemento che partecipò a crearli. Nascevano così, da principio, poche rozze baracche disposte lungo i binari, che costituivano luogo di sosta e ristoro per i passeggeri del treno. Se tale “attività” riscuoteva parecchio successo, ecco che alle poche baracche venivano celermente aggiunte tende e altre baracche, fino a formare un abbozzo di cittadina.
Queste città, lo ricordo, non erano i capolinea – che riscossero molto successo e non diventarono “ghost”, perlomeno non in breve tempo – bensì luoghi di sosta lungo la strada ferrata.
Altro motivo per cui queste boom town nascevano erano le risorse naturali di un certo luogo. Grande disponibilità di legname (foreste) o di acqua (laghi, fiumi), attiravano grosse folle che costruivano così il loro bel villaggio.
E’ questa la storia delle boom town che, ci tengo a precisare, non sempre erano destinate a diventare ghost.
Lo diventavano se e quando ciò per cui erano state costruite si esauriva o veniva a mancare o non era più redditizio per mille motivi.
Così se le miniere d’oro, o d’argento, o di rame, o di piombo, o di zinco si esaurivano, o se le tappe dei treni ignoravano gli ammassi di costruzioni e tiravano dritte alla loro vista, o se le foreste venivano completamente spogliate degli alberi e i fiumi, per cause naturali, cambiavano corso o si prosciugavano, ecco allora che tutte quelle boom town si svuotavano molto rapidamente. E così nel corso degli anni, ormai dimenticate e ignorate, si trasformavano in tane per lupi e desperados, che trovavano sicuro rifugio dalla legge tra quelle baracche ormai marce, piene di buchi, polvere e ragnatele.

Nel cinema.
Gruppi di baracche fatiscenti, abitate da ragni e coyote, perennemente spazzate dal vento e dalla polvere, con la classica balla di fieno che rotola lungo la main street…
Così il cinema ci fa vedere le ghost town. Film come “Sfida nella città morta”, “Dove la terra scotta”, “Cielo giallo” sono solo alcuni ambientati in questi villaggi. Ma la realtà è leggermente diversa. Ci sono sicuramente molte ghost town abbandonate, ma altrettante sono state accuratamente ristrutturate e trasformate in musei a cielo aperto: cito Calico (California) e Bodie (California). Quest’ultima appartiene al California State Park ed è volontariamente mantenuta in uno stato di “decadenza controllata”.

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